L'orso nell'immaginario popolare
I toponimi legati all’orso e il materiale narrativo ad essi correlato rappresentano una fonte importante per comporre il quadro della percezione popolare del rapporto uomo-orso. In primo luogo, possiamo osservare che nei toponimi presenti sulla mappa, segnalati dall'icona dell'animale, il richiamo all’orso si realizza con formule lessicali neutre, prive di espressioni peggiorative o vezzeggiative (principalmente 'orso' e con frequenza minore 'orsa').
Tuttavia, il tessuto narrativo correlato alle attestazioni toponimiche, composto dalle spiegazioni e dai racconti forniti dagli informatori, riflette una visione più complessa e articolata del rapporto uomo-orso. Alcune memorie (indicate sulla mappa dalle icone rosse) si limitano a legare l’origine del toponimo all’avvistamento del grande carnivoro, o semplicemente a ricordarne la remota presenza in alcuni luoghi, senza registrare sentimenti di pericolo o situazioni di conflittualità.
Si vedano, ad esempi,o le memorie collegate ai toponimi Bosc 'd l'Ours di Torre Pellice, la Sagna ëd l'Ors di Frabosa Soprana, la Funtan-a 'd l'Ursa di Pinasca, 'l Buracchi di Campertogno.
Il filone narrativo predominante (segnalato sulla mappa dalle icone viola) ci rivela però che l’orso è percepito come una minaccia e come un elemento ostile, da cacciare o allontanare con la forza: in genere è dipinto come predatore di cibo o potenziale assalitore dell’uomo. Questa rappresentazione è legata alla progressiva antropizzazione degli spazi montani e alla conseguente forzata condivisione ambientale dello spazio selvatico, un tempo di esclusiva pertinenza degli animali e circondato da un’aura di mistero e di sacralità.
Si vedano sulla mappa i racconti legati a lou Toumpi dë l'Oursa 'il tonfano dell'orsa' (Angrogna, TO), la Balma doou Mouias ‘la balma del Mouias’ (Monastero di Lanzo, TO), i Préze ëd Pic (Vaie, TO), Mounmouroun (Gravere,TO); ’l Buracchi e ’l Camp ‘il campo’ (Campertogno, VC).
Nonostante questa diffusa rappresentazione negativa, i racconti però non sottolineano mai la voracità o la ferocia dell'orso; le aggressioni terminano sempre senza particolari danni per gli aggrediti e con la messa in fuga dell’animale o con il suo allontanamento spontaneo, che spesso termina con la morte accidentale del plantigrado. Questo tipo di narrazione si accorda con le fonti storiche, che suggeriscono che il passaggio da predatore a preda fu dettato non tanto dalla pericolosità o dalla nocività dell’animale, quanto piuttosto dal valore economico della sua carne e della sua pelliccia.
Questo aspetto è testimoniato dal ricordo di battute di caccia.
Si vedano in proposito le testimonianze legate a San Steu ‘Santo Stefano’ (Vicoforte, CN), la Ca Couat ‘la casa Coatto’ (Viù, TO), Giesetto (Carcoforo, VC), lî Bari ’d la Gruliéro ‘i terrazzamenti della Gruliéro’ (Perrero, TO).
Esiste anche un filone narrativo in cui l'animale è dipinto come amico/assistente di due figure umane che frequentano abitualmente le zone boschive: il taglialegna e il carbonaio.
I due ultimi racconti propongono una visione antropomorfizzata dell’orso, che viene così spogliato della sua ferinità, e condividono alcuni interessanti motivi narrativi: la raffigurazione dell’animale come aiutante, la ricompensa accordatagli sotto forma di cibo, la conclusione della vicenda con il ritrovamento dell’animale morto.
L'orso, animale preistorico per eccellenza, fin dai tempi del paganesimo è stato sinonimo di bestialità, di forza bruta. Creatura dall'aspetto facilmente antropomorfizzabile, spesso compariva nelle feste di primavera come simbolo della natura che prorompe dopo il letargo invernale. Nell'antica civiltà contadina era anche l'immagine del male e, nei primi rituali cristiani, rappresentava l'animale-uomo che dava libero sfogo ai suoi istinti durante le feste. Nel Carnevale di molte località piemontesi (mappa dedicata) l’orso riveste sempre il ruolo della creatura da colpevolizzare: funge da capro espiatorio al quale attribuire i mali degli uomini. In questi rituali, viene messa in scena una sorta di addomesticazione violenta dell’animale, rappresentato in genere da un uomo mascherato da orso, percosso e deriso.
Si veda in proposito il racconto collegato al toponimo ou Pra ëd Maritan di Vaie.